C’era una volta: la semplicità

Margherita

Da tempo avevo in mente di vendere il piccolo due locali dove abitavo per comprare un appartamento con una stanza in più, da utilizzare come studio.
Per oltre quattro anni sono stato in contatto con la follia: proprietari convinti di possedere un bene rifugio assolutamente certo, che barattano con un bene volatile come il denaro.
Sovrastimando il proprio appartamento chiedono molto, perché non si sa mai cosa riserva il futuro. Così stanno mesi in attesa e poi vendono a prezzo più basso di quello che esigevano.
La chiamo follia perché, se fossero veri i presupposti del loro ragionamento, farebbero uno scambio comunque svantaggioso: il certo per l’incerto. Ed è follia anche dal punto di vista morale: perché, essendo assurdo scambiare il certo per l’incerto, comunque il denaro ha un fascino che scatena l’ingordigia.
Facciamo un piccolo esempio; un contadino ha dieci mucche: mangiano foraggio che per lui non è un problema, e tutti i giorni danno latte che può rivendere con un giusto guadagno. Ecco che il nostro improvvisamente si fa prendere dalla paura che le mucche possano morire, o ammalarsi, o possano essere tassate dallo stato avido, e allora decide di venderle ed entrare così nel mondo della finanza scambiandole con denaro.
Siccome il denaro è volatile, vuole 200 euro, così da garantirsi da eventuali oscillazioni del potere d’acquisto. Si rivolge a un intermediario che gli fa una valutazione, non si accontenta e pretende un prezzo superiore. Dopo molta attesa, molta trepidazione, molte notti insonni e infine molta delusione, vende le mucche a 150 euro, paga una mediazione di 5 euro ed è diventato ricco. Che se ne farà di quei 145 euro raggiunti a fatica?
Beh, ne faccia quello che vuole, questa storia agricola non ci interessa più.

Trovato l’appartamento che cercavo, misi in vendita il mio e feci un’offerta per acquistare il tre locali. L’offerta era equa e fu accettata, però – poiché per incassare dalla vendita del mio appartamento occorreva tempo – il proprietario del tre locali si fece prendere da un lampo di astuzia per compensare le perdite derivanti dal tempo che occorreva a me per vendere (senza tenere conto dei tanti mesi occorsi a lui per vendere a un prezzo alto che poi ha dovuto per forza abbassare).
L’ultima follia fu così la clausola da inserire nel contratto di compravendita. La trascrivo pari pari:
Clausola adeguamento.
Dalla data odierna e fino alla stipulazione del rogito, se sopravvengono fatti eccezionali che riducano (franchigia) dal 10% in poi il valore dell’euro, si effettuerà rivalutazione del costo immobile adeguato alla svalutazione rapportata al dollaro Usa.
Dapprima mi irritai, poi mi venne da ridere; se invece l’euro si fosse apprezzato rispetto al dollaro? Avrei pagato meno l’appartamento o l’avrei pagato al prezzo pattuito accollandomi soltanto un rischio inutile per me? La clausola infatti non prevedeva una condizione a me favorevole. Sarei andato incontro a un accordo asimmetrico dal quale avrei potuto tutelarmi soltanto facendo uno swap euro-dollaro.
Per cambiare da due locali a tre, avrei dovuto impiantare un’operazione che coinvolgeva banche, speculazione finanziaria, economia mondiale.
A me allora venne da ridere, e fu una risata amara perché l’appartamento mi piaceva, adesso lascio a voi il piacere di ridere di gusto.

Una volta, la compravendita dell’appartamento era una operazione che si concludeva fra gli interessati con una stretta di mano, una caparra (che oggi scopro chiamarsi confirmatoria come se il termine caparra non fosse sufficiente come lo era in passato) e un compromesso standard in vendita da Buffetti.
Tutto sommato era una faccenda semplice che lasciava il piacere di immaginare i mobili per arredare, il muro da spostare: insomma la gioia dell’acquisto di un bene definitivo.
Forse, una volta, l’avidità era sotto controllo, ci si vergognava di esporla, tant’è vero che faceva ridere, come insegnano i vari Arpagone, uncle Scrooge, e zio Paperone.
Adesso l’avidità si è mascherata – complici tutti noi – per apparire meno peccato capitale; alimentata dai soloni della finanza e dagli speculatori di mestiere si chiama “copertura dai rischi”.
Una volta, una persona di normale intelligenza nemmeno ci pensava a queste formule iugulatorie; semmai poneva un limite di tempo al perfezionamento dell’operazione perché, acquistando in Italia e spendendo il denaro in Italia, poco gli importava se nei confronti del dollaro la moneta nazionale si apprezzava o no.
Era da sempre abituato al rincaro delle materie prime, per ragioni a lui spesso sconosciute ma che erano una fatalità alla quale soggiacere: era abituato alla sobrietà e al giusto guadagno.
Fermo restando che sempre ci sono stati i furbi e gli allocchi, una volta il concetto di avidità era mitigato dal buonsenso, che oggi sembra essere finito nella tazza del cesso.
Ma una volta tutto andava più piano. Non si vendevano le uova senza aver fatto i conti con la gallina.
Una volta, le male azioni erano in numero minore, riservate soltanto ai grandi capitali. Oggi, ogni cittadino del mondo sommariamente informato, può fantasticare con poche centinaia di euro su operazioni di alta finanza: si chiama trading e promette guadagni da mille e una notte.
Ma una volta si era tanto stanchi di aver agito da persone equilibrate che a fine giornata si andava a letto a dormire.
Adesso i telefonini hanno “app” che consentono di seguire la borsa in tempo reale, e sapere in tempo reale quanto sei stato allocco.

Erberto Accinni

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