C’era una volta: il rischio

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C’era un tempo – non molto lontano da noi – in cui si facevano molti figli.
Era un tempo che non faceva distinzioni fra ricchi e poveri: tanto i re quanto i servi della gleba facevano molti figli in considerazione della elevata mortalità infantile.
Oggi questa necessità non c’è più; si guarda con ironia agli immigrati del sud d’Italia o di altri paesi che conservano l’abitudine: i genitori protestano e vanno a Forum se i loro bambini finiscono in classi composte in maggioranza (o esclusivamente) da extracomunitari.
Motivano la lagnanza non per razzismo, ma perché in classi così composite i programmi di insegnamento vanno a rilento, di fatto impegnando poco e male i bambini maggiormente avvantaggiati dalla miglior conoscenza della lingua italiana (sic).
Poi li sentiamo parlare… e sarebbe meglio se stessero zitti.

Nella rubrica “la 27 ora”, oggi 7 luglio, il Corriere della Sera propone una riflessione della signora Roberta Trucco che prende spunto da un articolo scritto dalla signora Maria Pia Veladiano su “Repubblica” del 14 aprile scorso.
Il succo dell’articolo è nel sommario, che copio: «Il rischio, qualsiasi sia la forma in cui lo si pensa o si presenta, appartiene alla vita. Azzerarlo non si può. Si può volerlo fare a tutti i costi, ma si chiama controllo, ossessione, possesso, malattia».
Nel testo, la signora chiarisce meglio: Uomini che vogliono controllare lo spazio che abitano le donne, donne che vogliono controllare lo spazio che abitano i figli, politici, scuola, istituzioni, che dietro la parola sicurezza costruiscono recinti nei quali di fatto le responsabilità sono scaricabili a catena.

Soprassedendo sulla necessità di trincerarsi nel “gruppo di donne illuminate che ha lanciato l’appello di Se non ora quando” per dire verità che non hanno sesso, è un articolo che non necessita di commenti: bastano le due citazioni per far pensare.
Io voglio soltanto rimarcare quello che mi ha colpito: in coda a ogni articolo c’è lo spazio riservato ai commenti dei lettori. Se ne possono leggere di ogni tipo. Se l’articolo è di calcio si leggono svariati i paralleli fra lo sfascio della Nazionale e quello della Nazione; se riguarda il “caso dei Parioli” ci sono perle di saggezza sulla immoralità degli adulti; se è sulla riforma del Senato, beh non sto a dire.
Insomma ogni articolo è commentato in una lingua quasi italiana, e spesso da tutti quelli che hanno la ricetta per sistemare una volta per tutte la situazione che non va.
Bene: alle ore 9 e 48 minuti – in coda all’articolo che ci occupa oggi – NON ci sono commenti. Altri articoli del giorno – alla stessa ora – sono già ampiamente discussi e impreziositi dalle opinioni, soprattutto quelli di calcio.
Sarà perché la signora ha scritto una inoppugnabile verità o perché i commentatori abituali si vergognano e stanno facendo un autodafé?

Il titolo dell’articolo è: “Non abbiamo il coraggio di crescere bambini autonomi”, e questo è il link: http://27esimaora.corriere.it/articolo/non-abbiamo-il-coraggiodi-crescere-bambini-autonomi/

Erberto Accinni

1 pensiero su “C’era una volta: il rischio

  1. Precisazione dell’autore.
    Oggi 9 luglio, riguardato l’articolo sul Corriere della Sera, ho verificato la presenza di 3-4 commenti a partire dalle ore 7.45. Ritengo che siano stati caricati successivamente, ma è corretto e doveroso segnalarlo.

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