L’omosessualità

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Cari lettori,

Non ho mai detto di me che sono un’insegnante.
In classe mi è stata rivolta, come spesso succede, una domanda diretta da parte di una ragazza che ha i suoi buoni motivi: “cosa ne pensa lei dell’omosessualità”.
La domanda è arrivata alla fine della lezione. Ho detto alla studentessa che ne avremmo riparlato l’indomani.
Ho avuto modo di documentarmi sull’argomento anche perché in questi giorni si parla molto di questo tema. In Parlamento si sta approntando una legge che permetta il matrimonio tra persone dello stesso sesso, e pare che l’orientamento generale del legislatore non sia pro adozione di bambini da parte della coppia omosessuale.

La mattina successiva ne ho approfittato per fare delle considerazioni di carattere generale:

La parola “omosessualità” fu usata per la prima volta nel 1869 da un medico ungherese per indicare i rapporti sessuali tra uomini. Deriva dal greco homos (“stesso”) e dalla parola latina sexus (“sesso”).
Oggi il termine è usato insieme all’altro termine “gay”, diffusosi in America negli anni Settanta.
Per la verità, facendo un po’ di approfondimenti ho potuto verificare che non esistono cause scientificamente validate che spieghino l’omosessualità; ipotesi ce ne sono, ma in corso di accertamento. Facciamo un breve excursus.
Secondo la teoria del determinismo biologico l’orientamento sessuale sarebbe dato da fattori ormonali e genetici.
Secondo le scienze psicologiche, l’orientamento sessuale è deciso dalle esperienze e dallo sviluppo psichico infantile.
Secondo la psichiatria, l’omosessualità è una malattia a tutti gli effetti.
Alcuni studiosi di antropologia hanno formulato la cosiddetta teoria queer, con la quale si “mette in discussione la naturalità dell’identità di genere, dell’identità sessuale e degli atti sessuali di ciascun individuo, affermando invece che esse sono interamente o in parte costruite socialmente, e che quindi gli individui non possono essere realmente descritti usando termini generali come eterosessuale o donna. La teoria queer sfida pertanto la pratica comune di dividere in compartimenti separati la descrizione di una persona perché entri in una o più particolari categorie definite.
Laddove gli studi gay e lesbici analizzano in particolare il modo in cui un comportamento viene definito naturale o innaturale rispetto al comportamento eterosessuale, la teoria queer si sforza di comprendere qualsiasi attività o identità sessuale che ricada entro le categorie di normativo e deviante.”
Tradizioni religiose lo qualificano “vizio”.
Lo sapevate che:
•In sette nazioni islamiche i rapporti omosessuali portano alla pena di morte: Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Iran, Mauritania, Nigeria, Sudan e Yemen.
•In molte nazioni musulmane, come Bahrain, Qatar, Algeria e Maldive, l’omosessualità è punita con il carcere, con pene pecuniarie e/o pene corporali.
•In India è un reato: l’articolo 377 del codice penale indiano, sancisce che «chiunque, volontariamente, abbia un rapporto carnale contro l’ordine della natura con un uomo, una donna o un animale, sarà punito con la prigione a vita o per un periodo che può arrivare a dieci anni, e dovrà pagare anche una multa».
Nella religione induista non vi è traccia di condanna nei confronti dell’omosessualità fino al XIX secolo, durante il quale diventa evidente l’influenza culturale britannica. Nel Kama Sutra sono descritti sia il lesbismo sia l’omosessualità maschile.
Il dibattito sull’omosessualità, negli ultimi anni, si è fatto vivo all’interno di numerosi gruppi e movimenti religiosi. La condizione omosessuale nell’India contemporanea è ambivalente. Molti moderni maestri indù raccomandano ai propri discepoli di trascendere il desiderio sessuale di qualsiasi tipo, senza alcuna distinzione. Asseriscono
che l’omosessualità e l’eterosessualità sono divenuti un problema perché gli esseri umani danno troppa importanza al sesso.
La Chiesa cattolica non condanna la persona con tendenza omosessuale, ma considera tale orientamento, “intrinsecamente disordinato”; l’atto omosessuale è contrario alla “legge naturale” e precludente al “dono della vita”.
Nell’Islam non esiste il concetto di orientamento sessuale perché orientarsi sessualmente dà una visione eccessivamente fisica della vita. Lo spirito non ha sesso, non è donna né uomo, non è bianco né nero, non è ricco né povero e sono tutti uguali. Ogni individuo deve portare la propria anima a livelli superiori, lasciando gli attaccamenti terreni.

Un PENSIERO Nuovo.
Da un’indagine dell’Università di Padova pare esista un gene che causa l’omosessualità negli uomini. Andrea Camperio Ciani, ricercatore a capo dello studio, è fortemente convinto di quanto scoperto.
Il gruppo del professor Andrea Camperio-Ciani, ha intervistato 98 uomini omosessuali e 100 uomini eterosessuali, ponendo loro domande circa i parenti più prossimi: in tutto 4600 persone.
L’analisi delle risposte ha evidenziato una maggior prolificità nelle donne che hanno ereditato caratteristiche genetiche – ancora sconosciute e supposte – correlate con l’omosessualità maschile. Le donne con parenti stretti gay hanno in media più figli rispetto a quelle che hanno parenti eterosessuali: le madri di uomini omosessuali hanno in media 2.7 figli contro i 2.3 delle mamme degli eterosessuali, mentre le zie materne di uomini gay hanno in media 2,0 figli contro 1,5 delle zie di eterosessuali. Il maggior numero di figli nelle donne compenserebbe la mancanza di prole da parte degli uomini gay e manterrebbe in circolazione i fattori rilevanti per la sopravvivenza del carattere.
Secondo i ricercatori, tale risultato dimostrerebbe l’esistenza non tanto di uno o più geni dell’omosessualità, quanto di una serie di fattori legati all’attrazione verso i maschi: nell’uomo si manifesterebbero con una predisposizione verso l’omosessualità, nelle donne con una maggior attività sessuale e quindi con più figli, tale da garantire la non estinzione della specie. “Inizialmente – ha spiegato – pensavamo che la ragione del fatto che le donne ereditassero i geni che causano l’omosessualità negli uomini fosse perché questi geni aumentano l’androfilia, cioè l’attrazione per gli uomini. Tuttavia – ha proseguito – da un’analisi comparata di cento madri e zie di maschi eterosessuali e sessantuno madri di maschi omosessuali, abbiamo visto che in realtà questi geni rendono le donne più attraenti agli occhi degli uomini, aumentandone la fecondità”…
Non manca poi chi crede di atti omosessuali e non degli omosessuali: sono coloro che credono che l’orientamento sessuale sia una scelta che il soggetto fa nel corso della sua vita (e definiscono i gay e le lesbiche pervertiti o depravati, per esempio); per questi studiosi, l’omosessualità innata o secondo natura non è concepibile.

Esprimo infine la mia opinione: ognuno nella vita deve essere se stesso, altrimenti vive la vita di un altro; l’importante è, a mio avviso, che lo faccia sempre nel rispetto di se stesso e degli altri.
La studentessa mi ha sorriso.

Luciana E.

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