LA CULTURA TELEVISIVA

La Tv è uno dei “mass media” più importanti in ordine di tempo. E’ in grado di inviare messaggi simultaneamente a una moltitudine di persone e di influenzare e manipolare le masse, definite da Gustave: ”prive di autonomia intellettuale, capaci di far valere solo la loro rilevanza numerica”.

L’ avvento della tv e di altri  “mass media” ha prodotto conseguenze incalcolabili nella nostra società. Data la rapidità ed efficienza delle comunicazioni è stata considerata una vera e propria “rivoluzione antropologica” (Marshall McLuhan).

E’ proprio grazie alla televisione che si può conoscere, in tempo reale, ciò che avviene in ogni angolo del pianeta, divenuto così un “villaggio globale” in cui, in modo virtuale, gli uomini abitano più luoghi, vivono più vite, emotivamente vicini ai loro simili perché vedono eventi accaduti a migliaia di chilometri di distanza.

La televisione è anche la più rappresentativa dei mass media; in Italia, è stata introdotta nel 1954: inizialmente come erogatore di un servizio pubblico, aveva il compito di istruire, di educare, di divertire. La paleotelevisione e la neotelevisione sono i due periodi storici che più la rappresentano (Umberto Eco).

La prima era caratterizzata da mezzi tecnici ancora modesti, in bianco e nero, e un palinsesto limitato. Da subito si è rivelata capace di mettere in relazione lo spettatore e ciò che veniva trasmesso (un fatto di cronaca, uno spettacolo, un dibattito politico).

La seconda ha causato lo stravolgimento dell’assetto. I programmi coprono 24 ore su 24 e le immagini sono sempre più definite e nitide, a colori. La TV, da informazione su una “realtà” esterna è diventa fonte di realtà.

Le sue trasmissioni conferiscono identità ai partecipanti: ad esempio ai politici, agli uomini di scienza, di cultura, di fede etc. Quando diventano personaggi televisivi o quando la televisione parla di loro divengono subito conosciuti dal pubblico; quindi la televisione crea una sorta di mitologia con nuove divinità e anti divinità: i personaggi televisivi.

Nei suoi studi sulla Tv  Umberto Eco evidenzia che :

  • la gente ama riconoscersi nei personaggi dello spettacolo, fenomeno che definisce “riduzione all’ ”everyman”;
  • i personaggi dello spettacolo danno corpo ad aspirazioni che la gente comune non può realizzare. La loro vita è resa dai “media” come un perpetuo svago, libero da restrizioni economiche e da inibizioni morali, e governato soltanto dalla ricerca della felicità e della realizzazione personale, con pochi e convenzionali pensieri sociali, rendendoli così oggetto di invidia e ammirazione.

Neil Postmann nella sua opera “divertirsi da morire. Il discorso pubblico nell’era dello spettacolo, 2008”, prova ad analizzare la comunicazione filtrata dalla tv e il tipo di cultura che a essa fa riferimento nella società americana:

 “… l’intrattenimento è la super ideologia di ogni discorso in televisione. Non importa che cosa sia trasmesso o da quale punto di vista; il presupposto dominante è che lo è per il nostro divertimento e per il nostro piacere. Ecco perché anche quando trasmettono notizie che ogni giorno ci propongono brani di tragedia e di barbarie, i presentatori non mancano di dire: “Arrivederci a domani”.

Perché? Parecchi minuti di assassinii e di stragi dovrebbero bastare per assicurarci un buon mese di notti insonni. Invece accettiamo l’invito dei giornalisti perché sappiamo che le “notizie” non sono da prendere sul serio, è tutto uno “scherzo, per così dire. Ogni elemento del notiziario non fa che ribadirlo. L’aspetto gradevole del presentatore, il suo tono cordiale, la musichetta che apre e chiude il telegiornale, i brani filmati con vivacità, gli annunci commerciali attraenti, tutto suggerisce che non è certo il caso di metterci a piangere su quello che abbiamo visto. Il telegiornale ha una struttura per divertire, per non avere effetti educativi o catartici o per far riflettere”…”  

Nella neotelevisione, sia pubblica sia privata, la principale risorsa economica è la pubblicità. Le aziende che acquistano gli spazi pubblicitari garantiscono la sopravvivenza della stessa rete televisiva. Lo spettatore diventa così un consumatore da conquistare per ottenerne la fiducia, con schetch ripetuti più e più volte per penetrare le menti influenzabili e facili da intendere e ricordare.

 Anche oggi, periodo di “coronavirus”, la televisione ha permesso di condividere esperienze e  problematiche. Ha svolto il suo ruolo nella veicolazione di regole che tutti hanno dovuto osservare per il contenimento del contagio. E’ rimasto sempre un mezzo di massa. La cultura globale non permette più una televisione selettiva e a compartimenti stagni, essa deve rappresentare i gusti di tutti i consumatori diventati ormai troppi e diversi. La TV ha assunto il ruolo di veicolo dell’economia, della moda, delle abitudini alimentari etc.  Ci costringe a comprare creando dei falsi bisogni.   

Edgar Morin, sociologo francese, parte dalla considerazione che la cultura di massa va compresa più che demonizzata. Non deve essere considerata “cultura alta” tradizionalmente parlando; la chiave di interpretazione più adeguata è quella di darne una lettura dall’interno, come parte integrante della società in cui viviamo.

Il termine “Cultura” allora va inteso in senso relativo. In ogni società coesistono più culture: nazionale, religiosa, umanistica etc. ciascuna della quali costituisce un corpus di simboli, miti, norme che orientano la vita e il pensiero delle persone. La cultura televisiva secondo questo filosofo è la prima vera “cultura universale” perché è cosmopolita e planetaria. Le persone condividono conoscenze, consuetudini, norme e modelli di comportamento, usi e costumi. Con la Tv l’uomo può spostarsi da un confine ad un altro della Terra senza mai sentirsi straniero.

Diversamente, Pier Paolo Pasolini formulava un giudizio alquanto critico della Tv ritenendola la principale artefice dell’omologazione culturale degli italiani del secondo dopoguerra per aver soppiantato i valori tipici di una cultura contadina con una mentalità   edonistica, orientata al consumo e alla ricerca del benessere. Ciò ha svuotato di senso le tradizionali opposizioni ideologiche (cattolica e marxista) uniformando le condotte individuali a un unico modello: la cultura di massa, “superiore” e imposta.

Chiudo con Umberto Eco: “se si vuole usare la televisione per insegnare qualcosa a qualcuno bisogna insegnare come si usa la televisione”. “In questo senso, la televisione non è diversa da un libro. Un giorno a settimana incontriamoci con altre persone e guardiamo la televisione in maniera critica tutti assieme, confrontando le nostre reazioni e parlando faccia a faccia di quello che ci ha insegnato o ha fatto finta di insegnarci. Non spegnete la televisione: accendete la vostra libertà critica”.

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