C’era una volta: l’inflazione-1

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Ci si è chiesto quanto i momenti storici di grande incertezza economica abbiano influito nella storia dell’Umanità, giacché pare più che evidente che l’inflazione faccia parte dei mali endemici che sempre hanno afflitto la società; un male sul quale i governi di volta in volta si sono adoperati per trovare giusti rimedi con giuste politiche economiche.

Come ci si entra? In economia, l’inflazione può essere sollecitata da aumenti di costi della mano d’opera, da un eccesso di moneta in circolazione, può essere importata con l’aumento del prezzo delle materie prime.

Come se ne esce? Col sacrificio di molti.

Si è provato a farne una ricostruzione storica, ma è una impresa non da poco. Fino a quando non si giunge al concetto di “Stato” – e dobbiamo aspettare fino al 1500 e oltre – si vive di microeconomie basate su scambi locali, o al più su scambi di merci pregiate che per definizione sfuggono alle regole dell’inflazione giacché chi vi può accedere non ha problemi economici.

Concettualmente l’inflazione è l’aumento generalizzato dei prezzi dei beni e dei servizi con la conseguente perdita del potere di acquisto della moneta.

La Storia è una lunga sequenza di racconti dell’Umanità; racconti di chi ha, di chi non ha, di chi si industria per avere. Nella vita di relazione tra queste tipologie umane – che poco hanno a vedere con quelle definite da Jung – si annida il discorso che ora ci ha interessati: la storia dell’inflazione.

Ci pare di poter affermare che va di passo con la storia delle guerre, delle epidemie, delle carestie, delle lotte di classe e di quelle per i diritti dell’uomo.

Va al passo con l’avidità, ma resta sempre molto indietro rispetto al concetto di “giusto”: giusto guadagno, giusto interesse, giusto desiderio di affermazione, giusto desiderio di possedere.

Vogliamo parlarne un po’, e ricordarne qualcuna che nel corso dei secoli è stata maggiormente incisiva.

Se qualche anima, leggendo bene la Storia dell’umanità di tempo in tempo, facesse lo sforzo di rintracciarne i fattori costanti … allora, forse potremmo emanare delle leggi empiriche valevoli per tutti i sistemi economici, ma per la verità, ogni volta che si presenta un problema inflazionistico, chi governa deve fare ben attenzione alle misure che introduce nel sistema per mantenerlo o riportarlo a un equilibrio generale. E una ricetta valida sempre, ancora non è stata trovata.

 Mancano dati di riferimento sull’andamento dell’inflazione prima del Medioevo.

Le prime informazioni attendibili riguardano l’alto medioevo, e riferiscono di un’economia chiusa, basata principalmente sul baratto, cioè scambio di beni contro beni.

Provate a fare questa ipotesi: ipotizziamo che il valore di un quintale di grano più un quintale di segale sia pari al valore di una mucca. Gli scambi sono possibili fino a quando non intervengono altri fattori ad alterare il rapporto, quali ad esempio la moria delle vacche e la difficoltà di chi vuole comprare più cose da commercianti diversi e ha da scambiare soltanto una intera mucca.

Checché si possa pensare o credere oggi, il Medioevo fu povero di oro, o perlomeno la presenza del metallo prezioso fu molto mal distribuita. Se l’Europa ne aveva poco, l’Oriente ne possedeva e lo coniava.

In Europa era principalmente utilizzato per abbellimenti e arredi sacri, ma la monetazione era molto bassa, fino a sparire fra il IX e il XIII secolo. Le monete circolanti erano principalmente di provenienza araba o bizantina, utilizzate soprattutto dai mercanti ebrei per gli scambi commerciali con il mondo orientale che esigeva pagamenti in oro, non avendo l’Europa merci di baratto interessanti.

L’inizio della monetazione è attribuito a Carlo Magno.

L’Europa dell’epoca era vittima dell’abbandono delle città e dell’assenza di commercio; tante economie chiuse che riducevano l’utilizzo della moneta; Carlo Magno attuò la riforma monetaria intorno al 770 – 780 d.C. e introdusse la lira (dal termine latino libra, ovvero peso) che veniva usata sia come unità di misura (di peso) sia come unità di conto.

 Passata la paura dell’anno 1000, e superata la disperazione della fine del mondo senza che questa avvenisse, l’Umanità riprese fiducia e coraggio: si ebbe un inizio di ripresa demografica anche se costellata da guerre.

Autoinsignitisi quali eredi del Sacro Romano Impero, i feudatari germanici avevano un imperatore, la cui preoccupazione era di mantenere il controllo del “suo” territorio, che andava dal Baltico al Mediterraneo. Il pagamento dei tributi all’Imperatore, contrastante col desiderio di indipendenza dei Comuni italiani che capirono che liberi avrebbero avuto un maggior guadagno, diedero origine a molti conflitti che durarono fino alla sconfitta di Legnano di Federico Barbarossa, alla quale seguì un periodo di relativissima tregua.

Già Papa Urbano, preoccupato dalla presenza di cavalieri disoccupati che vessavano le comunità, aveva dichiarato che la loro energia dovesse essere al servizio della cristianità e non contro. Fu male interpretato e iniziarono le Crociate nel 1095; ben sette, che da guerre di “fede” divennero guerre per gli interessi di Venezia e altri. Portarono comunque una ripresa dell’economia.

 La ripresa commerciale del XIII secolo aiutò il ritorno alla monetazione in oro, soprattutto per merito dei Comuni italiani, che grazie alla loro economia, produttiva e non solo di consumo, favorirono la ripresa degli scambi commerciali; nel Basso Medio circolava moneta aurea, esempi ne sono il Fiorino fiorentino, il Genovino genovese, il Quattrino di Macerata e altri. Nell’Inghilterra di Enrico II Plantageneto (il papà di Riccardo Cuor di Leone) già circolava il penny argenteo, una moneta di imitazione francese che si diffuse parecchio, essendo coniata da un numero altissimo di zecche reali. Sotto il regno di Enrico III – essendo aumentati i commerci internazionali grazie alle crociate, e non essendo più sufficienti le monete d’oro arabe e bizantine – a questa si aggiunse il penny d’oro del valore di 20 penny d’argento.

 Con la circolazione delle monete iniziò la pratica della contraffazione attraverso la tosatura o la limatura, in misura tale che si resero necessarie misure verso chi le praticavano; l’adulterazione della moneta era punita addirittura con la pena di morte.

Se ne possono immaginare gli effetti inflattivi? Un aumento di moneta circolante rispetto ai beni acquistabili. Una moneta però di valore inferiore per effetto del peso inferiore.

Credo che fosse un problema di natura più ampia: che fiducia dare a chi paga con questa moneta? E alla zecca che la produce?

Se avvenivano limature sul fiorino o sul ducato, quanto erano credibili i fiorini e i ducati non limati? Quanto era credibile chi li aveva emessi? Era – per estensione del concetto – “taroccato” anche il mercante che li trattava? E la zecca regia che li coniava?

Non ci sono dati certi, ma credo che il fenomeno abbia inciso sull’economia medievale, certamente più di quanto incidono ora le banconote contraffatte.

Del resto, oggi, che credibilità ha quello Stato che – approfittando del corso forzoso – emette più moneta del consentito? Naturalmente non stiamo parlando dei paesi appartenenti all’U.E..

 Fu soltanto con la fine del Medioevo e fino alla metà del ‘600 che i metalli preziosi arrivarono in Europa in quantità notevoli; l’enorme afflusso dalle Americhe creò un evidente cambiamento degli scambi, producendo mutamenti nei prezzi e nelle economie degli Stati nascenti.

Il primo grande episodio inflattivo della storia moderna lo si deve proprio al metallo prezioso del Nuovo Mondo: depredate le popolazioni locali, scoperte le miniere del Potosí, la Spagna poté disporre di ingenti quantità di oro, argento e merci preziose che riversò sui mercati europei.

Le guerre di religione che si protrassero fino alla metà del secolo XVII, videro lo strapotere della Spagna che poteva pagare un esercito e dei mercenari per combattere contro tutti in difesa del cattolicesimo.

Ma anche la corte e la nobiltà spagnola potevano concedersi lussi incredibili, importando beni da tutta Europa in quantità tali da crearne una relativa scarsità nei paesi di produzione.

Sul finire del Cinquecento si verificò un rialzo generalizzato dei prezzi in Europa. La circolazione di moneta in quantità maggiore dei beni acquistabili ebbe come conseguenza l’inflazione, che nei secoli XVI e XVII fu definita strisciante.

Comunque la conquista del nuovo continente, oltre che creare nuove possibilità di sfruttamenti, offriva nuovi spazi e mercati. Nonostante le continue guerre, l’Europa poteva produrre e vendere di più; alcuni paesi più lungimiranti misero meglio a coltura le terre ottimizzando i metodi, aumentando l’estensione produttiva.

Se c’è abbondanza di moneta in circolazione, e la popolazione è disposta a comprare ma l’offerta è sempre stabile, i prezzi tendono a salire e cresce l’inflazione. Si può dire che la crescita economica è contemporanea alla crescita dell’inflazione.

Alla fine del ‘500, l’inflazione creò rivoluzione una commerciale i cui protagonisti furono l’Olanda, il Belgio e l’Inghilterra della Regina Elisabetta I. Iniziarono i commerci a livello internazionale, la cui gestione in Spagna e Portogallo fu tenuta dalla Corona tramite funzionari regi, mentre l’Inghilterra, la Francia e l’Olanda si affidarono ai privati. Nacquero le Compagnie delle Indie inglesi, olandesi, francesi, che operavano in regime di monopolio.

Gli imprenditori privati si unirono tra loro realizzando le prime società in nome collettivo.

I mercanti acquisivano diritti di monopolio su alcune aree (in genere le nuove colonie); una volta associati, mettevano in comune le risorse, ad es. per comprare le navi e per lo sfruttamento.

In Inghilterra si adottò questo sistema separando la gestione dalla proprietà: alcuni soggetti avevano il compito di gestire l’impresa (comprare le navi, vendere, commerciare), mentre altri conferivano i capitali e in cambio ricevevano degli interessi.

Chiunque poteva mettere i capitali: agricoltori, commercianti, nobili e borghesi erano le persone disposte a investire del capitale ma senza accollarsi i rischi di gestione.

Col tempo questa modalità diverrà la base della Società per azioni: ovverosia la raccolta di capitali senza coinvolgere i prestatori nella gestione. Il patrimonio della società è suddiviso in tante quote messe in vendita a investitori che non gestiscono la proprietà e che partecipano agli utili alla fine dell’anno.

Si creò così un mercato finanziario che aveva:

–          Regole, per comprare e vendere le azioni

–          Codici di commercio;

–          Un luogo per le contrattazioni: la Borsa Valori

–          Operatori professionali che si occupassero di vendita e acquisto delle azioni,

–          Agenti di Cambio.

Le prime borse valori nacquero ad Amsterdam e a Londra.

L’economia di mercato prese vita dalla separazione tra proprietà e gestione ma senza i risparmi e gli investimenti non si poteva pretendere lo sviluppo economico commerciale.

 Per la Spagna, invece, la coalizione degli Stati, la forza della fede protestante, la difficoltà di afflusso costante di metallo prezioso dalle Americhe, finirono col metterla in ginocchio. Nel 1659 dovette trattare la pace dei Pirenei con la Francia, e le condizioni imposte la fecero uscire per sempre dallo scacchiere europeo.

 Ci fu però chi – in quel periodo di vacche grasse – ebbe modo di pensare. Lo spagnolo Lopez De Gòmara, cappellano di Cortez, per primo osservò questo rapporto di causa/effetto esistente tra l’abbondanza dei metalli preziosi, la moneta in circolazione e i prezzi dei beni.

In seguito, Martin de Azpilcueta, teologo ed economista, osservò ed evidenziò la differenza del potere di acquisto delle monete nei diversi Paesi a causa del diverso contenuto di metallo prezioso; concluse che la relazione fra l’abbondanza moneta pregiata e la scarsità di prodotti da scambiare determinava una perdita del potere di acquisto della moneta.

Le osservazioni precorrono la teoria quantitativa della moneta fondata sull’equazione di Cambridge, secondo la quale le variazioni del potere di acquisto sono da attribuirsi al periodo in cui la moneta era prevalentemente d’oro e d’argento e il suo valore era commisurato al costo di produzione di questi metalli.

Introdotto il corso forzoso della moneta, la spiegazione è risultata insufficiente rendendo necessaria una revisione. La teoria è stata perfezionata successivamente da Irving Fisher (1867-1974), secondo il quale il potere d’acquisto della moneta è in una relazione inversa alla quantità di moneta in circolazione. Anche tale teoria tuttavia, presenta alcune imperfezioni:

1) Il livello generale dei prezzi può aumentare senza che ciò dipenda dalla quantità di moneta in circolazione o dalla sua velocità. Si pensi a un aumento all’origine dei beni importati (ad es. petrolio, materie prime, ecc.)

2) La difficoltà di calcolare la velocità di circolazione, che nella formula di Fisher è costante mentre in realtà non lo è. Le cause che la provocano possono essere molteplici: il grado di propensione al consumo e alla spesa, il tenore di vita, le occasioni offerte dal mercato che sono diverse se si vive in città o in campagna.

3) La congiuntura economica in cui si trova il sistema economico.

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