C’era una volta: l’America.

L’altra sera davano in televisione un vecchio film di cow-boy. Glenn Ford ammoniva i suoi uomini di non ubriacarsi smodatamente perché l’indomani si doveva trasferire la mandria.
Sono stato colpito dalla raccomandazione. Mi ha rammentato altri film americani nei quali la bottiglia del whisky la fa da padrona. Magari non fumano perché il fumo fa venire il cancro, ma uomini e donne bevono, alle volte come carrettieri.
Sapete com’è il pensiero… vaga, a volte senza una logica apparente; stavolta si è soffermato su una parola: Proibizionismo.
Cosa sappiamo? Beh, che dal 1919 al 1933 fu proibito l’uso delle bevande alcooliche; che Al Capone fu il capo incontrastato dei contrabbandieri. Abbiamo sentito il nome di Dutch Schultz, abbiamo letto e visto film sulla strage di San Valentino. Roosevelt lo abolì nel 1933 e diede poi inizio alla politica del New Deal.
Ma: cosa è stato il proibizionismo? E soprattutto perché fu applicato?
Come sempre, oltre a una piccola cultura personale, internet è stata la mia fonte.

Occorre una premessa: l’uso delle bevande alcooliche credo nasca nella notte dei tempi; Cristo alle nozze di Cana, per dirne una. La motivazione è da ricercarsi nella scarsità di fonti di acqua potabile e nelle commistioni di acque bianche e acque nere nelle comunità, che prima di essere compresa causò non poche vittime. Il vino era molto bevuto, anche dai piccoli, per le suddette ragioni.
Non saprei spiegare perché nel mondo anglosassone si sia più diffuso che altrove: forse per il freddo, e la scoperta che l’alcool lo combatte. Fatto si è che ancora oggi è di cattivo augurio brindare con l’acqua.
La storia dell’America – a mio parere – è legata a filo doppio all’alcool. Ho provato a ricordare un film americano in cui non si vedano attori che bevono: non me n’è venuto in mente nemmeno uno.
In ogni film western che si rispetti, lo straniero arriva in città, lega il cavallo fuori del saloon, entra, ordina un whisky e mentre beve chiede dove può dormire. Nelle commedie gli ospiti arrivano a cena e subito la padrona offre da bere. Nei film di spionaggio James Bond ordina un cocktail martini mescolato non agitato.

Con il termine proibizionismo s’intende il periodo fra il 1919 e il 1933, in cui negli Stati Uniti, fu bandita la fabbricazione e la vendita di alcool.
Nacque su forte pressione delle così dette società di temperanza, gruppi religiosi e politici caratterizzati da forte moralismo, che in anni di pressioni, riuscirono a far promulgare persino una legge che proibiva la spedizione di stampe erotiche; tentarono anche di vietare nei musei le statue e i quadri di nudo.
Il fenomeno si diffuse quando questi movimenti riuscirono a trasformarsi in organizzazioni nazionali capaci d’influenzare fortemente la politica con i loro voti.
L’alcool era molto consumato, con conseguenze a livello sociale in particolar modo quando mescolato alla povertà estrema e alla criminalità. Nel film “Gli spietati”, Clint Eastwood spiega che da giovane, quando era un bandito ammazzacristiani, era sempre ubriaco.
Qualcuno forse ricorda che il reato più abietto del West non era uccidere gli indiani, ma vendere loro alcool e armi.
All’inizio dell’era industriale, era credenza diffusa che l’uso di alcoolici portasse a carenze sul lavoro, a violenze familiari, a spendere nel vizio piuttosto che in beni utili; dato il largo consumo era una preoccupazione legittima, del resto già verificata in Inghilterra ai tempi della rivoluzione agricola e poi industriale alla fine del XVII secolo.
Fra i nomi in vista favorevoli alla proibizione, ci furono Rockefeller e Ford, che aderirono all’Anti-Saloon League apportando enormi quantità di denaro. Con tali fondi a disposizione, la League ottenne un potere tale da esercitare forti pressioni sulla politica nazionale.
In questo clima di moralismo fu promulgato il Volstead Act nel 1919, seguito dal XVIII emendamento entrato in vigore il 19 gennaio 1920.
La sera precedente, decine di migliaia di persone fecero rifornimento delle ultime bottiglie legalmente in vendita. Il giorno successivo il prezzo dell’alcool salì alle stelle. Poi la malavita si impadronì del commercio illegale e cominciò il contrabbando.

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Il 21Club di New York, famoso speak-easy ai tempi del proibizionismo

Poiché non c’è niente come proibire una cosa per renderla appetibile, i prezzi degli alcoolici aumentarono sproporzionatamente. Credo che se qualcuno oggi proibisse l’uso delle mutande avremmo il contrabbando a prezzi da capogiro.
Se invece proibissero la lettura dei libri, pochi se ne accorgerebbero.
Nel nostro caso, la criminalità iniziò il traffico clandestino degli alcoolici o e la distillazione nei luoghi più disparati, di solito nei boschi, lontano da possibili azioni di polizia, ma anche privatamente nelle case. I liquori erano poi venduti in locali illegali: gli “speak-easy”; a New York ce n’erano 32.000.
Nell’immaginario collettivo, quegli anni sono collegati al fenomeno del gangsterismo, la cui figura di spicco fu Al Capone. Era un giro d’affari nell’ordine di milioni di dollari dell’epoca, e per di più esentasse; i guadagni erano poi reinvestiti in altre attività, legali e non, e servirono a pagare la sua candidatura in politica e il controllo che esercitava sul sindaco e sulla polizia di Chicago.
“Ho fatto i soldi fornendo un prodotto richiesto dalla gente. Se questo è illegale, anche i miei clienti, centinaia di persone della buona società, infrangono la legge. La sola differenza fra noi è che io vendo e loro comprano. Tutti mi chiamano gangster. Io mi definisco un uomo d’affari”, dichiarò Capone in una intervista. Fu condannato per evasione fiscale a 11 anni da scontare a Alcatraz, ma non per contrabbando.
Per uno che paga, come spesso accade, altri l’hanno fatta franca riuscendo a legalizzare le loro attività. Un nome fra tutti mi ha colpito: Joseph P. Kennedy; sì, era il papà…
Le vendite illegali sottrassero però molti introiti allo Stato, che fu costretto a nuove tasse per le grandi imprese e i ricchi (quelli che potevano permetterselo se ne andavano in Europa dove il costo della vita era più basso. Parigi negli anni 20 era molto appetita; un esempio famoso? Il salotto di Gertrud Stein, frequentato da intellettuali come Fitzgerald, Hemingway, Pound, Picasso, ma anche da facoltosi statunitensi).
Col tempo fu evidente che nonostante le proibizioni la gente beveva come prima ma con effetti dannosi per la salute, in particolare a causa dei distillati “fatti in casa”.
Inoltre gli alcoolici costavano più di prima ai lavoratori; i sostenitori della League avevano presupposto che non spendendo per i liquori, i lavoratori sarebbero stati più efficienti e avrebbero speso più denaro nell’acquisto dei beni da loro prodotti; dovettero ricredersi. Ma anche le “suffragette” ben presto si resero conto dell’errore: negli speak-easy non si facevano distinzioni di età, e anche i minorenni, mentendo, potevano comprare alcool.
Anche loro passarono quindi dall’altra parte della barricata.
Poiché l’unica ragione capace di neutralizzare il moralismo è la constatazione del mancato guadagno, i finanziatori si ritirarono dalla League passando al fronte antiproibizionista.
Nella sua campagna presidenziale del 1932, F. D. Roosevelt dichiarò di voler chiudere col proibizionismo. È un caso, e sicuramente dovuto anche ad altro della sua politica, ma è l’unico presidente americano eletto 4 volte…
Quando si dice che seguire il vangelo premia! dar da bere agli assetati…

Dopo aver letto e poi riportato queste notizie, io sono ancora adesso perplesso. È davvero possibile che il fanatismo religioso e il moralismo possano così tanto incidere sulla società?
Eppure…
Ma mi vengono altre osservazioni: per esempio che in tutte le società c’è chi si ritiene più illuminato di altri, e poiché ha più potere è in condizione di imporre. Questo peraltro dà spazio a un’altra riflessione: che le masse vanno governate, anche se chi le governa spesso non è il più meritevole.
E un’altra ancora: che non c’è niente di più bello che disobbedire, anche quando le leggi sono buone.
E infine una, l’ultima: il benessere. Chi lo concede lo fa davvero perché ci crede? Non sarà forse che – guardando oltre – vede una enorme fonte di guadagno?

Erberto Accinni

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