La famiglia oggi:…cambiamenti da regolamentare

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La famiglia oggi…cambiamenti da regolamentare
La nostra Costituzione, nella parte relativa ai diritti e doveri dei cittadini, più specificamente nei rapporti etico-sociali, riconosce la Famiglia fondata sul matrimonio come “società naturale” facendo riferimento a diritti che preesistono alla Costituzione stessa. L’art. 29 stabilisce che “La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio. Il matrimonio è ordinato sulla eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell’unità familiare”. I padri Costituenti hanno voluto evitare di parlare di diritti riflessi che furono i fondamenti del regime fascista secondo il quale era lo Stato che creava e concedeva i diritti e che, in qualunque momento, era in grado di ritirarli.La Costituzione italiana, nell’affermare che la famiglia è una “società naturale” riconosce e tutela l’istituto della famiglia recependo l’espressione che tutti gli esseri umani aspirano «naturalmente» – cioè indipendentemente dalle concessioni dei loro governanti – a costruirsi una famiglia.
Certo, dal 1948 ad oggi, le cose sono cambiate, ci siamo allontanati dal concetto di “società naturale”: statisticamente parlando i matrimoni sono in forte diminuzione. Cresce il numero delle famiglie formate da coppie di fatto che, consapevolmente, rifiutano il vincolo del matrimonio per svariati motivi:
a) in senso positivo perchè l’introduzione del divorzio ha risolto la contrapposizione tra i coniugi ponendo fine al loro matrimonio;
b) in senso negativo perchè la fine del matrimonio ha creato conflitti in quanto i figli solitamente vengono strumentalizzati dal padre o dalla madre contro l’altro genitore per fini economici, minando il legame tra genitore e figlio;
c) in senso negativo perchè durante la procedura davanti al giudice il coniuge più forte economicamente fa di tutto per sottrarsi alle responsabilità economiche conseguenti la rottura del matrimonio.

Perchè sposarsi oggi?

Mi viene da pensare a tutte le bambine che giocando sognano l’abito bianco,pensano al giorno del matrimonio come un giorno festoso, gioioso, da condividere con parenti e amici; pensano che andranno fuori della famiglia di origine per dare inizio a una vita nuova il cui “starting” è proprio il matrimonio.
Il matrimonio solitamente è preceduto da un perdiodo di fidanzamento, i futuri sposi si scambiano l’anello di fidanzamento,e poi…. arriva la proposta di matrimonio, in una serata romantica in cui i due fidanzati si scambiano effusioni e romantinti- cherie. Come si può pensare a una proposta di convivenza, anche se fatta in modo romantico? Come si può rinunciare alla cerimonia nuziale? non è certo quello che tutte le bambine hanno sognato quando giocavano con Barbi e Ken.
Il matrimonio da sempre ha inteso suggellare non solo una unione corporale, di sentimenti, ma l’unione spirituale, il progetto di vita da costruire con il marito, la partecipazione attiva alle cose belle e brutte della vita comune; l’appoggiarsi all’altro quando le cose non vanno bene. Oggi non esiste più il romanticismo?
oppure le giovani donne moderne trovano romantica la domanda “vogliamo andare a convivere”? Sposarsi oggi è diventato molto costoso, coloro che scelgono di farlo lo fanno contraendo addirittura debiti. Come si può pensare di eliminare dalla nostra cultura il matrimonio?

Il legislatore del 1948 ha dato una definizione precisa della “famiglia”, inequivocabile: una “società naturale fondata sul matrimonio”. Il marito e la moglie si appartengono “nella buona e nella cattiva sorte”( non voglio inserire la religione nel mio discorso, rimaniamo solo sulla parte civile della questione). Dal matrimonio scaturisce un legame preciso: il rapporto di coniugio.
Qual è il legame che unisce i “compagni”, i “partner, i “conviventi”?
Non mi sembra che il legislatore, seppur consapevole delle nuove scelte della società, abbia dato alcuna definizione di “convivente”, “compagno,” partner”, non mi pare proprio. Proviamo a leggere le definizioni:
– compagno è colui che svolge un’attività insieme ad altri, può definire i compagni di scuola;
– partner invece si usa per definire un socio in una ditta etc., non va certo bene per indicare un nucleo familiare, anche se la famiglia ha un menage societario;
– convivente viene sempre associato al termine “more uxorio” la cui etimologia proviene dal latino. Ad esempio: “convivere more uxorio” significa convivere “come sposi” non è la stessa cosa mi pare, è il “come” che fa la differenza. Ad ogni modo il termine “convivente” è entrato nel linguaggio del diritto per identificare una famiglia di fatto: l’unione tra due persone che, pur non avendo contratto matrimonio tra loro, convivono more uxorio, cioè come in matrimonio, riproponendo lo stesso stile di vita proprio delle coppie sposate. La famiglia di fatto nasce dalla libera volontà dei singoli di non costituire un vincolo formale, ma di fondare il rapporto solo sul sentimento di affetto e di amore che li accomuna. Questa unione, non formale, trova la sua tutela nell’art. 2 della Costituzione: ” la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità”.

Esistono dei diritti naturali che appartengono per nascita all’uomo e perciò precedono e prescindono dall’esistenza dello Stato, che dunque non li crea ma li deve riconoscere e garantire con l’emanazione di leggi ordinarie. La convivenza basandosi sul vivere “come gli sposi” crea all’interno della coppia le stesse problematiche di una coppia sposata. Fino a quando la convivenza è stabile non sorgono particolari problemi tra i conviventi, dal punto di vista pratico. Il vivere insieme mette in risalto problematiche di altro genere: mancando il vincolo che lega i coniugi, i conviventi sono spesso portati a pensare di non aver nulla in comune con l’altro “convivente”; di potersi tranquillamente separare quando vogliono senza dover affrontare le complicazioni economiche che seguono la rottura del matrimonio. Nel momento di crisi della coppia convivente non vi è alcuna tutela per il partner dotato di minori risorse economiche, non essendoci alcuna norma regolatrice, perché, giuridicamente, non esiste la fattispecie “conviventi”. Il legislatore però ha escluso dalla non tutela i figli della coppia convivente, infatti questi sono considerati figli naturali e, in quanto tali, hanno gli stessi diritti di successione e di alimenti dei figli nati all’interno del matrimonio.

La materia riguardante la “famiglia di fatto”si è complicata ulteriormente quando, nel 2012, la Corte d’Appello di Milano ha sancito che nella nozione legale di “conviventi more uxorio” rientrano anche le coppie omosessuali, per le quali vale “il diritto a un trattamento omogeneo a quello assicurato dalla legge alla coppia coniugata”: mi sembra che esista confusione anche a livello giurisprudenziale. Auspico quindi che il legislatore italiano si esprima in modo pertinente su questa materia disciplinando questa nuova figura di “famiglia di fatto” che, in questo momento storico, risulta essere l’anomalia della famiglia di diritto, priva di ogni tutela legislativa.

Con sentenza n. 7412 del 21 marzo 2013, la Corte di Cassazione ha riconosciuto al convivente more uxorio una tutela possessoria sulla casa dove è vissuto durante la vita familiare. Il convivente, infatti, non può essere spossessato della casa familiare dal partner (anche se proprietario dell’immobile) senza un congruo termine di preavviso.

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