La mediazione: alcune particolarità e alcuni vantaggi

 

 

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Sicuramente “tutti” conoscete l’istituto della Mediazione.
Per chi non l’avesse mai sentita spieghiamo che è stata introdotta nel nostro Ordinamento con d.lgs. n. 28 del 2010; è stata dichiarata incostituzionale con sentenza n. 272/2012 della Corte costituzionale e poi ripristinata con decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69 (decreto “del fare”, convertito in legge 9 agosto 2013 n. 98).
L’istituto è condizione di procedibilità della domanda giudiziale nelle materie elencate dall’articolo 5, comma 1 del d.lgs. 28/2010 (vedi modifiche introdotte dal decreto del fare al Capo VIII – misure in materia di mediazione civile e commerciale, agli artt. 84 e 84-bis: modifica all’articolo 2643 del codice civile.
Volendo definirla, consiste in: un’attività che viene svolta da un terzo imparziale ( il mediatore) finalizzata ad aiutare due o più soggetti in conflitto a trovare un accordo amichevole, condiviso, che soddisfi entrambe le parti.
È una procedura alternativa (al giudice o al tribunale civile) per la risoluzione delle controversie nelle quali il mediatore assiste le parti, guidandole e orientandole verso una negoziazione reciprocamente soddisfacente, tentando di individuare la risoluzione migliore della controversia e portando le parti verso un accordo vantaggioso per entrambe.
La procedura è caratterizzata:
dalla volontarietà: le parti decidono di partecipare alla procedura e scegliere se portare a buon fine la procedura quando la considerano conveniente. Qualora raggiungano un accordo ne delineano i termini e le condizioni; in caso di disaccordo le parti possono ricorrere alla giustizia ordinaria. (Il tentativo di mediazione è “obbligatorio” nelle materie per le quali è prevista dalla legge quale condizione di procedibilità della causa civile, art. 5-1bis D.Lgs. 28/2010 come specificato meglio oltre).
dalla rapidità della procedura rispetto a un giudizio civile ordinario che potrebbe protrarsi per diversi anni. La mediazione potrebbe risolvere il conflitto anche in una unica seduta.
L’attività della mediazione si conclude con un verbale di conciliazione, nel quale vengono trascritti gli accordi che le parti hanno deciso di raggiungere.

Esistono tre tipologie di mediazione:
1) facoltativa, quando è liberamente scelta dalle parti;
2) obbligatoria (in vigore dal 21 marzo 2011), quando è imposta dalla legge; il procedimento di mediazione deve essere esperito, a pena di improcedibilità, nelle controversie relative a:
condominio
• diritti reali
• divisione
• successioni ereditarie
• patti di famiglia
• locazione
• comodato
• affitto di aziende
• risarcimento del danno derivante da responsabilità medica e sanitaria e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità
• contratti assicurativi, bancari e finanziari
In queste materie, la parte che intende agire in giudizio deve prima intentare la mediazione con l’assistenza di un avvocato, che a sua volta deve informare il proprio assistito, chiaramente e per iscritto, sia della possibilità di procedere alla mediazione sia delle relative agevolazioni.
3) giudiziale, quando il giudice, con ordinanza, invita le parti a fare un percorso di mediazione; l’invito può essere fatto in qualunque momento, purché ciò avvenga prima dell’udienza di precisazione delle conclusioni e (o), se tale udienza non è prevista, prima della discussione della causa.

N.B.
Sono esclusi dall’Istituto della Mediazione:
i procedimenti per ingiunzione, inclusa l’opposizione, fino alla pronuncia sulle istanze di concessione e sospensione della provvisoria esecuzione;
– i procedimenti per convalida di licenza o sfratto, fino al mutamento di rito di cui all’art. 667 c.p.c.;
– i procedimenti possessori, fino alla pronuncia dei provvedimenti di cui all’art. 703 c.p.c., comma 3, c.p.c.;
– i procedimenti di opposizione o incidentali di cognizione, relativi all’esecuzione forzata;
– i procedimenti in camera di consiglio;
– l’azione civile esercitata nel processo penale.

A favore di quanti ricorrono alla mediazione, il legislatore ha previsto esenzioni di imposta ed agevolazioni fiscali.
Così:
– gli atti relativi al procedimento di mediazione sono esenti dall’imposta di bollo e da ogni altra spesa, tassa o diritto di qualsiasi specie e natura.
– il verbale di accordo è esente dall’imposta di registro sino alla concorrenza del valore di 50.000 euro. le parti avranno diritto a un credito d’imposta fino a una massimo di 500 euro per il pagamento delle indennità dovute all’Organismo di mediazione.
– in caso di mancato accordo della mediazione, il credito di imposta è ridotto della metà (articolo 20 del Dlgs 28/2010)

Notizie relative al credito d’imposta
Il credito di imposta può essere utilizzato da coloro che si sono avvalsi della Mediazione soltanto dopo aver ricevuto la comunicazione del Ministero della Giustizia entro il 30 maggio di ciascun anno, (la comunicazione spesso non arriva direttamente al soggetto ma solo all’Agenzia delle Entrate); contemporaneamente, il Ministero trasmette in via telematica all’Agenzia delle Entrate l’elenco dei beneficiari e i relativi importi a ciascuno comunicati.
È chiaro che gli Organismi di Mediazione devono comunicare al Ministero della Giustizia la data in cui ha avuto termine la mediazione, il risultato e i dati delle parti.
L’art. 20 del d.lgs. 28/2010 ha prescritto specifici adempimenti necessari per la determinazione della misura del credito di imposta.
“Si segnala inoltre che sul sito del Ministero della Giustizia si afferma testualmente che:
a) “è stata già inoltrata a tutti gli organismi di mediazione la richiesta di far pervenire “presso la direzione generale della giustizia civile i dati di dettaglio necessari,
b) è in atto la predisposizione di un programma informatico che consentirà la compiuta comunicazione a tutti gli interessati dell’importo da potere far valere a titolo di credito di imposta per le indennità corrisposte”.
Si informa, inoltre, che nella sezione VI delle istruzioni per la compilazione delle dichiarazioni dei redditi, è precisato che se la comunicazione (relativa al credito di imposta) è pervenuta in data successiva alla presentazione della dichiarazione dei redditi, il credito di imposta può essere indicato nella dichiarazione relativa all’anno in cui è stata ricevuta la comunicazione” (dal sito Ministero della Giustizia), e dal momento che non ci sono comunicazioni dagli Organismi di Mediazione relative a richiesta di credito d’imposta, i contribuenti che non abbiano potuto usufruire del credito d’imposta possono farlo nella prossima dichiarazione dei redditi.
Sicuramente questi contribuenti saranno chiamati dall’Agenzia delle Entrate per verifica dei crediti; i documenti relativi alla mediazione e la fattura di avvenuto pagamento devono, quindi, essere conservati fino alla chiamata del fisco, per dimostrazione dell’avvenuta mediazione e relativo pagamento della fattura.
Il credito d’imposta quindi può essere utilizzato sia in compensazione con il modello F24 sia da parte dei contribuenti non titolari di redditi d’impresa o di lavoro autonomo, in diminuzione delle imposte sui redditi.
C’è di più, il credito d’imposta non dà luogo a rimborso e non concorre alla formazione del reddito ai fini delle imposte sui redditi.

Approfondimenti di ordine pratico; Mod. 730/2013 Rigo G 8
Colonna 1 (Residuo precedente dichiarazione): si deve indicare il credito d’imposta che non ha trovato capienza nell’imposta dalla precedente dichiarazione e che viene riportato nel rigo 135 del prospetto di liquidazione (Mod. 730-3) del Mod. 730/2013, o quello indicato nel rigo RN43, col.5, del quadro RN del Mod. UNICO PF 2013.
Colonna 2 (Credito anno 2013): qui si deve riportare l’importo del credito d’imposta che risulta dalla comunicazione ricevuta dal Ministero della giustizia relativa alle mediazioni concluse nell’anno 2013.
Colonna 3 (di cui compensato in F24): indicare il credito d’imposta utilizzato in compensazione nel modello F24 fino alla data di presentazione della dichiarazione.
Per meglio chiarire: non si dà luogo a rimborso nel caso in cui la quota del credito spettante per l’anno d’imposta in questione risulti superiore all’imposta netta; il credito che in questo caso non ha trovato capienza, potrà essere utilizzato dal contribuente nella dichiarazione dei redditi dell’anno successivo.
In caso di omessa indicazione del credito nella dichiarazione dei redditi si decade dal beneficio.

Luciana E.

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