C’era una volta: le Mura Spagnole di Milano


Girando per la città mi sono trovata in una delle ultime 3 zone in cui sono presenti resti delle mura spagnole. Ho fatto come fanno i normali turisti (anche se vivo a Milano dal 1987 e mi considero “milanese di adozione”): ho preso il cellulare e le ho fotografate. Non so perché, ma ora che sono in pensione sto scoprendo cose che, nel passato, pur avendole viste tante volte di tutta fretta, mi sono sfuggite. Ora il tempo mi consente le considerazioni di chi guarda le cose e le vede veramente.
Furono costruite tra il 1548 e il 1562 per volere dell’imperatore Carlo V e di Ferrante I Gonzaga, governatore della città all’epoca in cui questa era dominata dagli Spagnoli, allo scopo di rafforzare le difese cittadine.
Il progetto fu eseguito da Giovanni Maria Olgiati, ingegnere militare alla direzione dei cantieri delle mura cittadine già esistenti. Nel progetto era compresa la costruzione di un castello nella parte meridionale della città che non fu realizzato per l’eccessiva onerosità, privilegiando una nuova cinta muraria più bassa e compatta delle vecchie mura medievali e più adatta al progresso della tecnica militare: i Bastioni, poi chiamati anche Circonvallazione Interna.
L’impiego dei cannoni d’assedio rovesciava il rapporto di forze fra assediati e assedianti in favore di questi ultimi, fino a comportare la resa di un castello alla sola vista dei cannoni. La difficile mobilità di queste armi a lunga gittata ne limitava l’impiego contro fortezze accessibili da una via d’acqua, ma già dal XV secolo, lo sviluppo di cannoni di piccolo calibro e di maggiore mobilità permetteva, se usati in gran numero, l’espugnazione di numerose fortezze tradizionali.

Le Mura furono completate nel 1562; la cinta era costituita da un muraglione di pietre e mattoni, con torri e lunette; il perimetro si estendeva per circa undici chilometri, rendendola all’epoca il sistema di mura più esteso d’Europa; in più punti le mura erano dotate di fossati, ricavati dai numerosi canali attorno alla città, quali il Rede fossi, la Vetra, l’Olona.
Nella cerchia muraria si aprivano sei porte principali: Porta Orientale, Porta Romana, Porta Ticinese, Porta Vercellina, Porta Comasina, Porta Nuova; erano dei passaggi sorvegliati dai gabellieri del Dazio.
Erano affiancate da quattro porte minori, ciascuna delle quali era succursale di una delle precedenti: Porta Tenaglia, demolita già nel 1571, Porta Tosa, succursale di Porta Orientale, Porta Vigentina, succursale di Porta Romana, Porta Lodovica, succursale di Porta Ticinese.
Negli anni successivi nuove porte monumentali e caselli daziari furono eretti a Milano; le mutate esigenze cittadine e la crescita della città spingevano all’apertura di nuovi varchi all’interno della cinta muraria spagnola.
Nel 1864 venne così aperta la Barriera Principe Umberto per collegare la città alla Stazione Centrale, che allora era posizionata nell’attuale piazza della Repubblica, alla fine di via Turati; nel 1870 fu la volta di Porta Genova per consentire una comunicazione diretta fra la città e la Stazione di Porta Ticinese. A queste si aggiunsero: Porta Volta, il nuovo itinerario per Como, realizzata in seguito all’interruzione da parte della ferrovia del tracciato storico in uscita da Porta Garibaldi (ex-porta Comasina), e Porta Monforte, l’ultima a essere aperta prima che col Piano Beruto si procedesse alla demolizione dei Bastioni e al conseguente prolungamento degli assi viari interni ed esterni alla città che prima sfociavano contro le mura.
In età risorgimentale diverse porte cambiarono nome (come già era avvenuto parzialmente in età napoleonica per Porta Riconoscenze e Porta Marengo), per celebrare le Cinque Giornate di Milano (Porta Vittoria) e alcuni eventi connessi alla Seconda guerra d’indipendenza italiana (Porta Garibaldi, Porta Venezia, Porta Magenta).

Già tempo prima, nel 1750, ormai superate dal punto di vista militare, le mura furono adibite a passeggiata pubblica. Per ordine del governatore lombardo dell’epoca, Gian Luca Pallavicini, la sommità dei Bastioni fu resa accessibile a tutti e dotata di panchine e alberi. Nel 1783-86 iniziò la sistemazione dei giardini cittadini, e il Piermarini continuò l’opera di trasformazione dei Bastioni ricavandone un viale sopraelevato panoramico: da ogni punto era possibile vedere il Duomo, mentre dalla parte settentrionale delle mura si potevano osservare le Alpi e la campagna circostante, a quei tempi priva di ogni urbanizzazione.
Nelle Ultime lettere di Jacopo Ortis, Foscolo descrive il passeggio col Parini nel “Boschetto dei Tigli” sotto Porta Orientale (ora Porta Venezia).
“Ier sera dunque io passeggiava con quel vecchio venerando nel sobborgo orientale della città sotto un boschetto di tigli: egli si sosteneva da una parte sul mio braccio, dall’altra sul suo bastone: e talora guardava gli storpii suoi piedi, e poi senza dire parola volgevasi a me, quasi si dolesse di quella sua infermità, e mi ringraziasse della pazienza con la quale io lo accompagnava. S’assise sopra uno di que’ sedili ed io con lui…”
Ma i riferimenti letterari sono anche in Rome, Naples et Florence nel giorno 10 novembre 1816 di Sthendal: da questo panorama prenderà ispirazione per la descrizione del paesaggio visibile dalla Torre Farnese, presente nella Certosa di Parma.
“J’ai fait neuf milles en sédiole sur les remparts de Milan élevés au-dessus du sol d’une trentaine de pieds, ce qui est considérable dans ce pays de plaine parfaite. Par l’étonnante fertilité de la terre, cette plaine offre partout l’aspect d’une forêt, et l’on ne voit pas à cent pas de soi. Les arbres ont encore toutes leurs feuilles aujourd’hui 10 novembre. Il y a des teintes de rouge et de bistre magnifiques. La vue des Alpes, dans le lointain *, à partir du bastion di porta Nova jusqu’à la porte de Marengo, est sublime. C’est un des beaux spectacles dont j’aie joui à Milan. On m’a fait distinguer le Rezegon di Lek et le mont Rosa. Ces montagnes, vues ainsi par-dessus une plaine fertile, sont d’une beauté frappante, mais rassurante comme l’architecture grecque.”
Il più noto, perché legato a Manzoni, è l’ingresso di Renzo in Milano, che entrato da Porta Tosa costeggia i Bastioni fino a Porta Orientale:
“Quando Renzo entrò per quella porta, la strada al di fuori non andava diritta che per tutta la lunghezza del lazzeretto; poi scorreva serpeggiante e stretta, tra due siepi. La porta consisteva in due pilastri, con sopra una tettoia, per riparare i battenti, e da una parte, una casuccia per i gabellini. I bastioni scendevano in pendìo irregolare, e il terreno era una superficie aspra e inuguale di rottami e di cocci buttati là a caso. La strada che s’apriva dinanzi a chi entrava per quella porta, non si paragonerebbe male a quella che ora si presenta a chi entri da porta Tosa.”

Le demolizioni o il rimaneggiamento delle mura, considerate ormai soltanto d’intralcio alla viabilità cittadina, iniziarono nella seconda metà del diciannovesimo secolo.
Oggi, le malte e i mattoni che costituiscono la muratura, sono un substrato favorevole allo sviluppo della vegetazione, per l’elevata porosità che favorisce sia la ritenzione di umidità sia la penetrazione delle radici; quindi si è proceduto al loro restauro, e resti ben conservati delle mura spagnole sono presenti ancora in piazza Medaglie d’Oro, viale Montenero e lungo viale Vittorio Veneto nei pressi di Porta Venezia.
Tra piazza Medaglie d’Oro e piazza XXIV Maggio ancora sono visibili seppur notevolmente ridimensionate e adibite a perimetro di abitazioni private.
Lungo viale Monte Nero sono presenti a piccola distanza due giardinetti ricavati dai resti delle mura (lo vedete dalle foto scattate pochi giorni fa).

Luciana E.

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