Manifesto del Futurismo

FilippoTommasoMarinetti

FILIPPO TOMMASO MARINETTI  il 20 febbraio del 1909 pubblicò su Le Figaro il” Manifesto del futurismo”. Da allora e per anni egli lo propagandò in tutta l’Europa, gettando le basi del movimento futurista e influendo, non poco, sulla letteratura e in generale sull’Arte di quel tempo. Fu l’ ispiratore di altri Manifesti attraverso i quali il Futurismo coinvolse le Arti figurative, l’Architettura, la Musica.

Marinetti, scrisse numerosi testi di narrativa e di poesia, applicando la sua teoria delle “parole in  libertà”, eliminando ogni segno di punteggiatura e sovvertendo l’ordine tipografico delle pagine; con questo gesto di ribellione ai canoni linguistici, si proponeva di spazzar via “il romanticismo decadente” e tutte le “sacre vestige del passato”, zavorra inutile, a suo dire, per chi vuole conquistare il futuro. Fu anche autore di opere teatrali anch’esse fortemente provocatorie. Fu un esaltatore della guerra che era ritenuta “igiene del mondo”.

Politicamente i futuristi furono degli anarchici, disprezzavano la moderazione borghese; nel tempo, manifestarono atteggiamenti nazionalistici e, durante la prima guerra mondiale furono a favore  dell’interventismo. Marinetti  si accostò al Partito Fascista. Mussolini lo volle nella neonata Accademia d’Italia, e Marinetti diventò un difensore della lingua italiana contro “l’esterofilia”.

Per tutta la vita subì il fascino della guerra. Morì d’infarto a Bellagio nel ’44. Mussolini volle per lui i funerali di Stato, in una Milano martoriata dai bombardamenti.

Dal Manifesto, che viene trascritto qui di seguito, risulta evidente l’enorme carica provocatoria e polemica e la voglia di “rottamare tutto ciò che era vecchio”.

MANIFESTO DEL FUTURISMO

1.Noi vogliamo cantare l’amor del pericolo, l’abitudine all’energia e alla temerità.

2.Il coraggio, l’audacia, la ribellione, saranno elementi essenziali della nostra poesia.

3.La letteratura esaltò fino ad oggi l’immobilità pensosa, l’estasi ed il sonno. Noi vogliamo esaltare il movimento aggressivo, l’insonnia febbrile, il passo di corsa, il salto mortale, lo schiaffo ed il pugno.

4.Noi affermiamo che la magnificenza del mondo si è arricchita di una bellezza nuova; la bellezza della velocità. Un automobile da corsa col suo cofano adorno di grossi tubi simili a serpenti dall’alito esplosivo… un automobile ruggente, che sembra correre sulla mitraglia, è più bello della Vittoria di Samotracia.

5.Noi vogliamo inneggiare all’uomo che tiene il volante, la cui asta ideale attraversa la Terra, lanciata a corsa, essa pure, sul circuito della sua orbita.

6.Bisogna che il poeta si prodighi con ardore, sfarzo e munificenza, per aumentare l’entusiastico fervore degli elementi primordiali.

7.Non v’è più bellezza se non nella lotta. Nessuna opera che non abbia un carattere aggressivo può essere un capolavoro. La poesia deve essere concepita come un violento assalto contro le forze ignote, per ridurle a prostrarsi davanti all’uomo.

8.Noi siamo sul promontorio estremo dei secoli!… Perché dovremmo guardarci alle spalle, se vogliamo sfondare le misteriose porte dell’impossibile? Il Tempo e lo Spazio morirono ieri. Noi viviamo già nell’assoluto, poiché abbiamo già creata l’eterna velocità onnipresente.

9.Noi vogliamo glorificare la guerra – sola igiene del mondo – il militarismo, il patriottismo, il gesto distruttore dei libertari, le belle idee per cui si muore e il disprezzo della donna.

10.Noi vogliamo distruggere i musei, le biblioteche, le accademie d’ogni specie, e combattere contro il moralismo, il femminismo e contro ogni viltà opportunistica e utilitaria.

11.Noi canteremo le grandi folle agitate dal lavoro, dal piacere o dalla sommossa: canteremo le maree multicolori e polifoniche delle rivoluzioni nelle capitali moderne; canteremo il vibrante fervore notturno degli arsenali e dei cantieri, incendiati da violente lune elettriche; le stazioni ingorde, divoratrici di serpi che fumano; le officine appese alle nuvole per i contorti fili dei loro fumi; i ponti simili a ginnasti giganti che scavalcano i fiumi, balenanti al sole con un luccichio di coltelli; i piroscafi avventurosi che fiutano l’orizzonte, e le locomotive dall’ampio petto, che scalpitano sulle rotaie, come enormi cavalli d’acciaio imbrigliati di tubi, e il volo scivolante degli aeroplani, la cui elica garrisce al vento come una bandiera e sembra applaudire come una folla entusiasta.

 È dall’Italia che noi lanciamo per il mondo questo nostro manifesto di violenza travolgente e incendiaria col quale fondiamo oggi il FUTURISMO perché vogliamo liberare questo paese dalla sua fetida cancrena di professori, d’archeologi, di ciceroni e d’antiquari. Già per troppo tempo l’Italia è stata un mercato di rigattieri. Noi vogliamo liberarla dagli innumerevoli musei che la coprono tutta di cimiteri.

Filippo Tommaso Marinetti

 

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